I supporters della mafia ai tempi di Facebook

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I social network, come Facebook e Twitter, sono diventati in breve tempo luoghi prediletti per diffondere e ottenere notizie da ogni parte del mondo; spazi virtuali all’interno dei quali, grazie all’abbattimento delle barriere dell’informazione normalizzata, viene offerta a tutti, indistintamente, una grande opportunità di comunicazione. Anche le mafie non hanno perso tempo a scoprire i vantaggi della Rete sociale – sistema che più di ogni altro arriva immediato soprattutto ai giovani – servendosene per raccogliere un vasto serbatoio di consenso e aumentare il proprio potere attrattivo. Ne sono prova i tanti gruppi nati in questi anni sul sito ideato da Mark Zuckerberg esplicitamente apologeti di boss di Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta.

Le forze dell’ordine, d’altra parte, non sono rimaste a guardare passivamente l’infiltrazione sempre più evidente della comunità mafiosa nella Rete e hanno fatto il loro dovere oscurando diversi profili appartenenti “agli amici degli amici”. Tuttavia, proprio in questi giorni, è nata l’ennesima pagina dichiaratamente dedicata a Salvatore Riina e alle sue “gesta”, che in pochissimo tempo ha superato i 50 iscritti. “U re ri Corleone” (Il re di Corleone) è stata già segnalata alle autorità competenti e si spera venga al più presto rimossa, ma intanto sono ancora in bella mostra foto, post, commenti e video che, nonostante risultino ancorati ad un’immagine folkloristica dei clan e delle loro regole, offrono allo stesso tempo lezioni di mafiosità 2.0 aperte a tutti, come quando qualcuno scrive: «Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi». Ma c’è anche chi si chiede se Zu Totò stia dormendo, augurandogli una felice nottata: «Che Dio la benedica durante questo cammino».

C’è poi “Il Gruppo di Totò Riina”, “Totò Riina 2 parole 9 lettere ma 1000 emozioni”; “Il mondo dei boss”; “Le migliori frasi di Totò Riina”; “Solo x gli uomini d’onore e no infami grazie”; non manca il gruppo dedicato a Giovanni Brusca, a Bernardo Provenzano, a Matteo Messina Denaro, a Salvatore Giuliano, e così via… il capo dei capi, però, rimane sempre il più “gettonato”. Assistiamo, quindi, ad un’evoluzione digitale, ma pur sempre radicata alla propria tradizione. La forza e la pericolosità delle mafie sta proprio in questo.

È inaccettabile che questa propaganda criminale sia una pratica ancora oggi lecita e diffusa su Facebook, dopo gli innumerevoli appelli della società civile che già in passato ha chiesto e fortunatamente ottenuto la rimozione di gruppi simili a quelli sopra citati. A fronte di tutto ciò, perché non si comprendono i possibili effetti devastanti di tale fenomeno? È davvero così difficile attuare dei concreti e costanti strumenti di contrasto? (100passij)

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