Google usa i nostri dati per la pubblicità, come disabilitare opzione

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Le impostazioni sulla privacy introdotte a giugno permettono a Google di combinare le informazioni relative alla nostra identità alle attività che svolgiamo su altri siti e app. Ma è possibile disabilitare l’opzione…

Un cambiamento delle impostazioni sulla privacy passato quasi in sordina. Eppure dalle sonore implicazioni. Da qualche tempo Google ha letteralmente tracciato una linea rossa sulla vecchia policy che proteggeva la riservatezza dei propri utenti dagli inserzionisti, sostituendola con una nuova che permette di combinare i nostri dati personali alle attività che svolgiamo su altri siti e applicazioni “in modo da migliorare i servizi di Google e le sponsorizzazioni offerte da Big G”.

In pratica, si tratta della fusione tra due database. Quello relativo alle informazioni che riconducono direttamente alla nostra identità, di cui Google è in possesso grazie a Gmail e altri servizi di Mountain View. E l’altro riguardante i dati di navigazione collezionati da DoubleClick: impresa di pubblicità online acquisita dall’azienda nell’aprile del 2007, per 3.1 miliardi di dollari. I suoi sistemi di tracciamento, presenti nel 50 per cento dei maggiori siti web secondo una ricerca condotta dall’Università di Princeton, permettono all’azienda di pedinarci nelle nostre peregrinazioni digitali. E così di bersagliarci con campagne pubblicitarie su misura: per esempio, chi visita siti di sport, avrà più chance di vedere la pubblicità di biglietti per una partita al posto della réclame di un parrucchiere.

Per quasi dieci anni Google ha mantenuto le due banche dati separate, ciò significa che – almeno in teoria – non conosceva l’identità di chi tracciava, ma lo identificava solo come quell’anonimo determinato “utente/consumatore”. Invece, grazie alla policy introdotta il 28 giugno 2016,  la cronologia della nostra navigazione può essere ora collegata ai nostri dati personali. Un’associazione cui ci sottoponiamo in automatico, stando a quanto abbiamo verificato su tre diversi account Google, dal momento in cui abbiamo accettato in blocco le nuove impostazioni sulla riservatezza che la compagnia ci ha notificato la scorsa estate. E che si accorda a una tendenza già in atto, unificare tutte le informazioni disponibili su di noi per creare dei profili unici dei consumatori e non perderli mai di vista, tanto online quanto offline.

I primi a notare i risvolti della novità sono stati i reporter di ProPublica, redazione giornalistica no-profit, vincitrice di diversi premi Pulitzer. “Il risultato pratico di questo cambiamento è che gli ads di DoubleClick che seguono le persone sul web saranno personalizzati in base alle parole chiave che usano nella loro Gmail”, annota Julia Angwin. “Ciò significa anche che Big G adesso può, se ne ha voglia, costruire il profilo nominale completo di un utente, basandosi su tutto quello che scrive nelle email, tutti i siti web che ha visitato e le ricerche online che ha fatto”.

“Abbiamo fornito notifiche ben visibili agli utenti su questo cambiamento, con un linguaggio semplice e uno strumento altrettanto semplice – My Account – che lascia agli utenti il controllo dei dati o la possibilità di cancellarli”, ci hanno fatto sapere da Google quando abbiamo chiesto un chiarimento in merito alla vicenda. Perché è vero, dopo lo scandalo datagate la società di Mountain View è diventata più trasparente rispetto all’utilizzo che fa dei nostri dati e un modo per proteggersi c’è: è quello di andare nella pagina dedicata alla Gestione attività e deselezionare l’opzione “Includi la cronologia di navigazione di Chrome e le attività su siti e app che utilizzano servizi Google”. Ma bisogna fare sempre più attenzione. (fonte)

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