Genitori al tempo di internet, come sopravvivere

(di CAROLINA MILANESI) La settimana scorsa ho dovuto spiegare a mia figlia che Internet non è un posto sicuro. E non è stato bello. Mia figlia di 9 anni naviga su Internet con browser protetti e gioca a Minecraft online con i suoi compagni di scuola, e niente altro, o almeno così pensavo.

Alcuni giorni fa mi ha accennato che giocava con questi “amici” su un’app che consente di creare una famiglia virtuale di cagnolini. Sono rimasta calma e le ho spiegato che, come le avevo detto più volte, non aveva il permesso di andare online perché non sempre la gente su internet è chi dice di essere, e qualcuno potrebbe farle domande indiscrete. Con tono un po’ seccato, mi ha risposto che non era un’ingenua, e che quando “questo ragazzo” le ha chiesto quanti anni avesse e dove vivesse, lei non ha risposto.

Mi si è gelato il sangue. Ho fatto un respiro profondo e ho iniziato a spiegare. Solo perché non si è faccia a faccia con qualcuno non vuol dire che si è più al sicuro. Non essere fisicamente nella stessa stanza o al parco giochi magari significa che non si è spinti e presi in giro, ma non vuol dire che qualcuno non possa far del male comunque. Solo perché non si vedono, non significa che queste persone non siano reali. Questa è stata la parte più facile da spiegare.

“Ma mamma, sono solo dei bambini come me!”, mi dice mia figlia con voce spezzata. Ho capito allora che la parte più difficile del discorso stava per cominciare, e le ho spiegato con calma che ci sono persone online che fanno finta di essere bambini, ma che in realtà potrebbero comportarsi con lei come gli adulti si comportano fra loro. Forse, la cosa più difficile che abbia mai dovuto spiegare: molto più difficile che raccontare da dove vengono i bambini.

Nel giro di un paio di minuti, mia figlia è passata dall’essere la mia dolce bambina alla potenziale vittima di un pedofilo su internet. So di poter sembrare esagerata, so che il numero di veri bambini online supera di gran lunga quello dei predatori che fanno finta di essere ragazzini, ma ci sono anche altri numeri. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati uniti, tra i giovani utenti di Internet circa uno su sette (il 13%) ha ricevuto sollecitazioni sessuali non desiderate, mentre uno su 25 ha ricevuto almeno un esplicito invito sessuale online, cui è seguita la richiesta di incontrarsi “in real life” ovvero nella vita vera. In Italia, secondo il Microsoft Digital Civility Index, che analizza le attitudini e le percezioni sia degli adolescenti (13-17), sia degli adulti (18-74), il 43% degli intervistati è stato oggetto di contatti indesiderati e il 41% di vere molestie. Più della metà (51%) ha incontrato di persona l’autore della minaccia, e la percentuale sale tra i giovanissimi.

Quindi, scusatemi, ma è della mia bambina che stiamo parlando, e non voglio correre assolutamente nessun rischio. Per quanto pensi che lei sia troppo giovane per comprendere appieno quello che le dico, è mio dovere come genitore renderla consapevole dei rischi, e farlo senza spaventarla. Un po’ come quando raccomandiamo ai nostri figli di non parlare con gli sconosciuti se vanno da qualche parte senza di noi.

LA TECNOLOGIA DA SOLA NON BASTA

Quando vanno online, i nostri figli sono esposti a innumerevoli rischi. Alcuni riguardano i loro dati personali, altri invece riguardano la loro stessa persona. In un certo senso, il primo è un rischio per la loro difesa e il secondo un rischio per la loro sicurezza. Mentre ci sono molti strumenti per difendere i nostri piccoli su internet, a mio avviso, solo l’istruzione e un uso consapevole e informato possono ridurre i rischi per la sicurezza.

Una parte fondamentale di questa educazione è aiutare i bambini a capire che Internet non è qualcosa di magico. C’è un essere umano reale dietro a tutto ciò che accade online, che sia una persona oppure un software programmato da una persona. È necessario educare, e non rimproverare – questa distinzione è fondamentale – e deve essere fatto in maniera stimolante, in modo che i nostri figli si sentano liberi di farci domande.

Per proteggersi non basta più installare un antivirus e limitare l’accesso. Con smartphone e tablet la situazione è drammaticamente cambiata, e anche se gli strumenti di controllo parentale si sono evoluti nel corso degli anni, purtroppo si limitano al web e trascurano le app, il che rende tutta la questione sulla sicurezza molto più complessa. Il fatto poi che gli schermi di questi dispositivi siano così piccoli rende i contenuti molto meno visibili per i genitori rispetto ad esempio ai videogiochi giocati con la console collegata alla tv nel soggiorno. Ciò significa che non possiamo limitarci a utilizzare gli strumenti che la tecnologia ci offre per rendere il mondo digitale più sicuro, ma dobbiamo innanzitutto interessarci a questa realtà. Che sia monitorare le app che i nostri bambini adoperano o esaminarle prima che le usino, come genitori dobbiamo essere sempre informati su tutto.

Mia figlia sa che deve chiedere il permesso prima di acquistare qualsiasi applicazione su internet, e quando succede, insieme controlliamo tutte le recensioni per valutarne la qualità e leggiamo, sempre insieme, la descrizione per capire meglio cosa sta dietro a un nome apparentemente invitante. Mai avrei pensato di vagliare anche tutte le applicazioni gratuite che scarica, dal momento che avevamo già creato un filtro di età per le applicazioni cui poteva accedere. Un controllo che puntualmente faccio ora. È ovvio che il filtro di età è estremamente utile per quanto riguarda l’appropriatezza dei contenuti, ma non lo è necessariamente per la sicurezza dei bambini.

GENITORI ATTENTI, PERCHÉ I BAMBINI VI VEDONO E IMITANO

Fortunatamente, non devo ancora preoccuparmi dei social media, per il momento. A 9 anni, mia figlia non è presente su Facebook, Twitter, Instagram, a parte ciò che posto io su di lei sui miei social. E questo è, ovviamente, un altro capitolo ancora. Dal momento che vede che io condivido ciò che facciamo su Facebook e che “parlo” con persone che non necessariamente conosco su Twitter, mia figlia potrebbe pensare di poter fare lo stesso. Come nella vita reale, i bambini adottano spunti sociali da noi senza necessariamente avere tutte le informazioni per prendere delle decisioni informate. Quindi, per alcuni comportamenti è sufficiente dare il buon esempio – “Non messaggiare quando guidi”, tanto per citarne uno. Per tutto il resto, ancora una volta avremo bisogno di affidarci alla corretta educazione all’uso consapevole di certi mezzi.

Adesso chiedo a mia figlia il permesso prima di postare e condividere sui social qualcosa che riguarda anche lei, cosa che ho fatto anche per questo articolo. Le spiego che, esattamente come accade nella vita vera, quello che si dice, in questo caso si posta, avrà delle implicazioni. Quindi le spiego quello che posto sui social, perché lo posto e, soprattutto le spiego perché non si postano certe cose – ben consapevole che non tutte le mie decisioni sono infallibili.

IMPARARE PER INSEGNARE

Essere un genitore in un mondo digitale non è facile, ma una cosa è certa: sarà molto più facile se noi genitori saremo informati e al passo con ciò che i bambini fanno. I nostri figli stanno crescendo in un mondo pieno di schermi e dove vige il dominio dei social media. Come genitori, dobbiamo essere certi di essere sempre un passo avanti quando si tratta di tecnologia. Se pensiamo che oggi faccia paura, immaginiamo come sarà il giorno in cui i nostri figli vivranno in un realtà virtuale dove noi non avremo accesso. Possiamo sempre chiedere ai fornitori di contenuti digitali e ai titolari degli app store di essere più trasparenti e consapevoli, ma rimane il fatto che gli unici responsabili siamo noi. (fonte)

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