Foto su Facebook, killer perde semilibertà e torna in cella

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Doina dice che non sapeva, che non pensava, dice che la semilibertà se l’è meritata sul campo, meglio, fra le sbarre del carcere. Ma il magistrato di Sorveglianza di Venezia, Vincenzo Semeraro, quando ha visto quel profilo Facebook con le sue foto in costume al Lido di Venezia, non ci ha pensato molto e ha concluso che no, la semilibertà va sospesa. E così la trentenne romena Doina Matei che il 26 aprile del 2007 uccise Vanessa Russo colpendola con la punta dell’ombrello in un occhio dopo una lite in una stazione della metropolitana di Roma, è tornata a tempo pieno nel carcere lagunare della Giudecca.
In questi giorni stava usufruendo di un permesso premio che le consentiva di dormire all’esterno e stava già pensando al prossimo per la Pasqua ortodossa del primo maggio. «Questo è un brutto passo indietro per la mia assistita — ha commentato l’avvocato Nino Marazzita, suo difensore —. Forse dovuto all’effetto del polverone mediatico che si è sollevato sul caso dopo la pubblicazione di quelle foto. Ma la sospensione durerà giusto il tempo di discuterla davanti al tribunale di Venezia dove dimostreremo che fra i divieti non c’era quello specifico dell’uso del social network».

Lo sconto di pena

La giovane donna dell’Est, condannata a 16 anni per l’omicidio di Vanessa che fu considerato preterintenzionale, cioè non voluto, dopo otto anni di reclusione aveva ottenuto la misura alternativa alla detenzione: fuori di giorno e dentro di notte, dalle 22 alle 6 del mattino.
Uno sconto di pena riconosciuto per la buona condotta e per il suo pentimento. «Vanessa (la vittima aveva 23 anni, ndr) non aveva vissuto molti giorni felici, tutti gli altri glieli avevo tolti io — scrisse lei in un racconto, La ragazza con l’ombrello, aiutata dalla giornalista Franca Leosini —. È soprattutto la felicità possibile che le ho sottratto che mi logora con tormento maggiore. Ho provato a dire alla madre, ai fratelli di Vanessa, il mio tormento, lo sgomento, il rimorso per quei suoi giorni senza futuro. Ho invocato il perdono. Non ho avuto risposta. Tocca a me, ora, piegarmi a quel loro silenzio. Tocca a me comprendere il rifiuto, il disprezzo anche».

Il post sul social network

Ma quelle foto su Facebook, quel volto sorridente, quel mare e quel costume, ad appena otto anni dalla tragedia, sono sembrate troppo. «Pena di morte», ha addirittura invocato qualcuno in Rete. «Esiste il diritto alla felicità anche per chi ha commesso un grave delitto, se la pena è stata regolarmente scontata», hanno replicato altri.
«Sono sconvolta, non sapevo di non poter usare Facebook, mi spiace molto se ho fatto del male a qualcuno…», si è difesa Doina che già sognava l’affidamento in prova ai servizi sociali per tornare a vivere con i suoi bambini. «La nostra condanna è stare in galera, la condanna dei nostri figli è sentirci al telefono solo per dieci minuti a settimana», aveva scritto lei stessa in un articolo pubblicato da Ristretti Orizzonti.
Classe 1985, quattro fratelli, Doina Matei ha alle spalle una vita difficile. Primo figlio a 14 anni, il secondo a 17, decise di venire in Italia per cercare di dar loro un futuro migliore del suo. «Ma l’Italia fu per me il buio delle notti, il gelo del marciapiede fino a sfiancarmi la carne e l’anima», scrisse. Faceva la prostituta. Poi il delitto e il carcere. «Il mondo senza cielo», nel quale è tornata ieri sera. (fonte)

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