Facebook, perché ci sono così tanti profili falsi

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Sono moltissimi gli utenti che scelgono uno pseudonimo (o nickname), ma il regolamento di Facebook parla chiaro: chi non usa il proprio vero nome può essere segnalato e costretto a cambiarlo (o bloccato).

Quando a chiederci l’amicizia su Facebook è quel parente un po’ antipatico o il collega spione, prima di cliccare su “accetta” ci pensiamo sempre un paio di volte. I social, ormai, sono parte integrante delle nostre vite, ma ogni tanto ci viene il dubbio che possano distruggerle. Quella battuta un po’ pesante che ha fatto tanto ridere i nostri amici potrebbe non piacere alla zia. E forse è meglio che il capo non veda le fotografie di quella festa a cui siamo stati prima di una riunione importante. Per molti la soluzione è semplice: usare un nome falso.

SU FACEBOOK CON LO PSEUDONIMO

Giulia ha 25 anni e quando si è iscritta a Facebook era alle superiori. «Non mi fidavo granché dei social – spiega – quindi ho optato per un nome falso». Qualche anno dopo, la situazione non è cambiata: al suo soprannome social, ormai, si è affezionata. Ma da qualche mese al vecchio profilo ne ha accostato un altro con il suo vero nome. «L’ho fatto per motivi professionali: punto a lavorare nel campo della comunicazione e ho bisogno di attestare la mia presenza sui social, ma non voglio dare a un contatto di lavoro un profilo con un nome fittizio». Per Alessandra, 25 anni, il percorso è stato l’inverso: «Quando mi sono iscritta a Facebook – racconta – ho usato il mio nome, poi ho deciso di cambiarlo. Ora ho due profili: uno pseudonimo, con 607 amici, e uno più recente con la mia vera identità». Il motivo? «Evitare che colleghi o capi mi associno a un profilo che ho sempre usato per divertimento e che racconta alcuni aspetti della mia vita privata che non voglio mostrare». Anche Massimo, 28 anni, ha scelto uno pseudonimo, ma per motivi diversi: «Non ho mai preso Facebook molto sul serio – spiega – e quando ho cambiato nome volevo semplicemente farmi una risata».

NON SOLO FACEBOOK

Un’inchiesta del New York Times racconta che negli Stati Uniti sempre più utenti, soprattutto tra i più giovani, scelgono di creare un profilo sotto falso nome. Il fenomeno è così diffuso che ha già un nome: Finstagram, che unisce “Instagram” a “fake”, “falso”. In molti casi quello pseudonimo non è l’unico account, ma un doppione privato destinato a essere usato solo con una ristretta cerchia di amici selezionatissimi. Dietro a questa scelta si cela il bisogno di ritagliarsi uno spazio più libero dalle inibizioni, una sfera social-ma-non-troppo su cui pubblicare fotografie più sciocche e spontanee di quelle condivise sull’account aperto a tutti. Instagram è il social preferito dai più giovani , e anche in Italia il numero di utenti continua a crescere . Ma secondo Ilaria Barbotti, la fondatrice e presidente di Instagramers Italia, il fenomeno “Finstagram” da noi non è ancora sbarcato. «Nella nostra community la maggioranza degli utenti ha meno di 35 anni, ed è chiaro che agli adolescenti Instagram piace molto più di Facebook. Ma per il momento continua a prevalere l’idea di usarlo per condividere immagini con quante più persone possibile: in fondo, è nato per questo». Non si può escludere che il nostro Paese sconti un certo ritardo rispetto al mondo anglosassone, anche perché la componente goliardica è tutt’altro che assente: «Su Instagram molti preferiscono un comportamento giocoso e disimpegnato – spiega Barbotti – ma per scambiarsi le immagini o i messaggi più sciocchi o privati si usano soprattutto i sistemi di messaggistica come Whatsapp».

LA POLICY DI FACEBOOK

In Italia, il fenomeno dell’anonimato sui social è diffuso soprattutto su Facebook. È impossibile sapere quanti dei 27 milioni di utenti che sono attivi mensilmente nel nostro Paese (dati novembre 2015) hanno scelto un nome falso. Quel che è chiaro è che nessuno di loro sembra curarsi più di tanto della policy ufficiale del social network, che recita in modo inequivocabile: «Facebook è una comunità dove le persone usano le loro identità autentiche». «Gli iscritti devono fornire il nome che usano nella vita reale in modo che tutti sappiano sempre con chi si stanno connettendo», spiega Laura Bononcini, Head of Policy di Facebook Italia. «Questo contribuisce a salvaguardare la sicurezza della nostra comunità rendendo le persone più responsabili, e aiutandoci a rimuovere gli account creati per scopi dannosi come le molestie, la frode o l’incitamento all’odio». Stando al regolamento, aggiornato nel 2015, iscriversi con un nome diverso da quello con cui si è registrati all’anagrafe è possibile, purché sia quello «con cui ti identifichi di più e che usi nel tuo quotidiano». «Per noi – precisa Bononcini – è molto importante che questa policy funzioni per tutti, e in particolare per le comunità discriminate». Un esempio sono le persone transessuali, che possono iscriversi a Facebook con il nome che sentono proprio anche se non corrisponde a quello che c’è sulla loro carta d’identità.

COSA SI RISCHIA

Quando Davide, 35 anni, si è iscritto a Facebook, nel 2007, ha usato un cognome fittizio. Ma nel 2015 il social gli ha sospeso l’account e l’ha messo di fronte a una scelta: dimostrare che quello con cui era iscritto era il suo vero cognome o cambiarlo. In questi casi Facebook chiede di caricare la scansione di un documento che attesti la veridicità del proprio nome. Nell’elenco di quelli ammessi , oltre a carta d’identità e patente, compaiono anche l’annuario scolastico e la tessera della biblioteca. Ma nessuno di questi avrebbe permesso a Davide di continuare a usare il suo cognome falso, che era del tutto inventato, e così ha dovuto arrendersi. Diverso il caso di Ivan, 23 anni, che è iscritto su Facebook con un soprannome e ha già deciso che non è disposto a rinunciarci. «Ho creato un profilo solo per praticità: è comodo per organizzare i lavori di gruppo con i compagni di università. Ma non mi piace l’idea che persone che conosco a mala pena mi aggiungano agli amici: se mi dovessero fare storie mi disiscriverei. Non ti mancherebbe il social? «No, anche perché già ora lo uso poco: non condivido foto, non scrivo quasi nulla, mi limito a mettere qualche like. Diciamo che sono un utente passivo».

LE SEGNALAZIONI

Per individuare chi viola la policy non esistono algoritmi che vagliano i nomi né altri sistemi automatici: Facebook, spiega Bononcini, «fa affidamento sulla propria comunità». Sono gli utenti stessi a segnalare i profili falsi, esattamente come si fa per le fotografie di nudo o altri contenuti contrari alle regole. «In questo modo – aggiunge Bononcini – tutti possono contribuire alla sicurezza della piattaforma». Ma la segnalazione, da sola, non basta: il passaggio successivo è affidato a un team che decide caso per caso se far scattare la sospensione dell’account e la richiesta di conferma dell’identità oppure no. «Chissà chi è stato a segnalarmi», si chiede Davide. Per lui, come per altri, la policy di Facebook sembra troppo rigida. Chiara, 26 anni, ha due profili, di cui uno con un nome falso, e non capisce perché non possa continuare ad averli. «Sono d’accordo con l’idea che i contenuti contrari alle regole vengano rimossi. Ma il mio pseudonimo non è un contenuto, e di per sé non è offensivo: è solo un nome inventato. È strano pensare che qualcuno possa segnalarlo come si segnalano pornografia e incitazioni alla violenza».

TUTELARE LA PRIVACY SENZA NOME FALSO

Per Facebook la parola chiave è: assumersi la responsabilità di quanto si scrive o si pubblica, sempre e comunque. E a chi si fa scrupoli per la riservatezza o vuole controllare strettamente l’accesso al proprio account, Bononcini risponde così: «Per salvaguardare la privacy del proprio profilo non è necessario ricorrere a uno pseudonimo: mettiamo a disposizione delle persone diversi strumenti che consentono di tenere sotto controllo e gestire in maniera sicura la propria vita su Facebook». Il social dispone di un’intera sezione delle impostazioni dedicata alla gestione dei propri dati personali . Creando delle liste – ad esempio per distinguere gli amici dai colleghi o dai familiari – è possibile anche filtrare i contenuti in modo che siano visibili solo a chi desideriamo. Le opzioni, insomma, non mancano, ma per molti non sono abbastanza efficaci o richiedono troppa pazienza. «Perché dovrei perdere tempo dietro alle impostazioni della privacy – si chiede Ivan – quando in dieci minuti posso creare un profilo con un nome falso?». (fonte)

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