Facebook licenzia giornalisti, Trending affidata solo ad algoritmo

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Fuori gli editor e dentro gli ingegneri. Facebook ha risolto così la presunta parzialità della sezione Trending. La polemica era esplosa in maggio: la testata online Gizmodo ha accusato il social network di dare minore rilevanza alle notizie di stampo conservatore nello spazio — non ancora disponibile in Italia — dedicato agli argomenti più discussi. Menlo Park, incalzato da un documento pubblicato dal Guardian e dalla richiesta di spiegazioni del Senato americano, aveva avviato un’indagine interna, respinto le accuse e deciso di basare la selezione delle notizie solo sull’algoritmo, senza alcun intervento umano per renderla più completa.

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Adesso il passo ulteriore: la redazione, composta da 15-18 persone assunte da un’azienda esterna, che si occupava della descrizione delle notizie è stata chiusa. E i curatori licenziati (e invitati a lasciare l’edificio nel giro di un’ora),secondo quanto riporta Quartz. Gli argomenti più gettonati saranno contrassegnati esclusivamente dal termine cui fanno riferimento — se la notizia è di una foto 360 di Marte ci sarà scritto solo «Marte», ad esempio (Facebook lo spiega qui, vedi foto in alto) — e dal numero di persone che ne stanno parlando. Più o meno come accade per le Tendenze di Twitter. «Queste modifiche permettono al nostro team di prendere meno decisioni individuali sui topic», ha spiegato Menlo Park.

Gli unici a mettere ancora eventualmente mano ai Trending saranno gli ingegneri, responsabili della correzione degli errori tecnici dell’algoritmo. È sufficiente ad assicurare neutralità? Gli studi dicono di no: i pregiudizi umani sono presenti anche nelle scelte degli algoritmi (alla conclusione giungono le università di Princeton e di Bath). L’assenza di titolazione e descrizione libera Facebook, e piattaforma analoghe, da diritti e doveri tipici di chi sta dando spazio a contenuti giornalistici? A questa domanda, come rivelano i leak delle ultime ore, risponderà anche Bruxelles, pronta a tornare sul rapporto fra editori e chi — come Google — pubblica l’anteprima degli articoli. (fonte)

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