Facebook, ecco cosa sa di te

DataSelfie è una utility che permette di capire come il social usa le informazioni per ricavare profili psicologici da offrire agli inserzionisti…

E’ noto: grazie ai suoi algoritmi Facebook tutto vede e tutto sa. Raccoglie dati, li impacchetta e li offre agli inserzionisti. Ma quanto a fondo riesce a conoscere ciascun utente? Per rispondere a questa domanda, Hang Do Thi Duc e Regina Flores Mir hanno sviluppato Data Selfie, un’estensione per il browser Chrome che aiuta gli utenti a scoprire – e capire – quale tipo di dati la piattaforma monitora e come li usa per predire pensieri e comportamenti. Lo abbiamo provato e sì, Facebook archivia e analizza proprio tutto: anche i post che alla fine decidiamo di non pubblicare più e i messaggi privati che scriviamo.

Cosa monitora “Big F”.

Una volta installata, l’estensione comincia a lavorare non appena si accede a Facebook. A suggerirlo è una “bolla” che compare alla destra dello schermo e che, come un cronometro, tiene il conto dei secondi spesi su ogni contenuto visualizzato. Cliccando sull’icona dello strumento – un occhio bianco su sfondo nero – si accede a un pannello di controllo in cui una linea del tempo mostra tutte le attività compiute sulla piattaforma, sia da smartphone che da computer. Oltre al tempo di visualizzazione, vengono tracciati anche Like, messaggi inviati (con relativo testo), post scritti o cancellati, commenti, link aperti e pagine visitate. A ogni azione viene assegnato un colore e alla fine vengono stilate due top10 con gli amici e le pagine cui abbiamo dedicato più attenzione. Poco più sotto, una seconda sezione è dedicata alle “predizioni”. È questa a mettere in luce come gli algoritmi di Facebook utilizzano le singole informazioni carpite: unite e mixate assieme servono a costruire il profilo psicologico, oltre che demografico, dell’utente. L’obiettivo è capire e predire cosa pensa e quali atteggiamenti può adottare nei confronti di temi come lo shopping, la religione, l’orientamento politico, lo stile di vita o l’orientamento sessuale. Così, dopo un paio di ore dall’installazione, Data Selfie è già in grado di mostrare cosa Facebook conosce di voi e come vi sta catalogando.

Per quanto riguarda il mio profilo, secondo il report sono una persona “cui non piace farsi influenzare dai social in fatto di shopping “, che “preferisce comprare abiti comodi” e che sulla religione ha un po’ le idee confuse. Dopo aver analizzato ciò che ho visualizzato, condiviso, scritto e le persone con cui sono amica, il risultato è che il mio orientamento religioso oscilla tra “lo Gnosticismo, l’Ateismo, il Buddismo, l’Islam, il Pastafarianesimo e il Jedismo”, ovvero quello che a luglio 2016 circa 170mila fan inglesi di Guerre Stellari hanno provato a far riconoscere come un culto vero.

Azioni frivole.

Nascoste dietro Like e condivisioni, le idee degli utenti diventano facilmente rintracciabili, archiviabili e vendibili per campagne pubblicitarie  – e politiche – cucite su misura. Come sottolineato dalla co-creatrice Flores Mir in una recente intervista: “Sono le azioni apparentemente frivole che si compiono online ad essere importanti per capire chi sei e quindi per costruire il profilo che viene venduto agli inserzionisti. Ed è questo che Data Selfie vuole provare a mostrare”.

Niente è gratis.

Scopo dello strumento, scrivono i suoi creatori, non è “rubare” a loro volta le informazioni, ma rendere gli utenti più consapevoli del valore commerciale che generano quando usano i servizi online. Il prezzo della gratuità non si percepisce, eppure si paga quotidianamente anche attraverso la creazione di un ambiente ad personam dove tutto risponde a ciò che piace al singolo e a lui soltanto – prodotti, idee, notizie, amici – mentre tutto il resto viene escluso. È ciò che Eli Parisier ha chiamato “Filter Bubble”, una gabbia di filtri, ovvero di algoritmi, che, Like dopo Like, ricerca dopo ricerca su Google, rischiano di chiudere l’utente in un mondo dove a far rumore è solo l’eco delle sue idee.

Pregressi.

Far luce su come Facebook utilizza i dati degli utenti è divenuta una sfida cui non si è sottratta nemmeno Pro Publica, una testata indipendente molto conosciuta per le inchieste e la dedizione agli interessi dei cittadini. Il giornale americano aveva sviluppato a settembre del 2016 un’estensione per Chrome con l’obiettivo di aiutare gli utenti a capire in che tipo di categorie inserzionistiche Facebook li aveva inseriti.
“Nell’era dell’informazione – scrive Hang Do Thi Duc – i dati dettano le regole dell’economia e ci rendono sempre più trasparenti. Possiamo sognare che i big data risolvano tutti i problemi dell’umanità oppure temere un futuro di totale controllo e sorveglianza senza libertà. Una cosa è certa, gli algoritmi definiscono sempre più le nostre vite. Per questo è importante, specialmente per chi né sogna né spera, per chi è semplicemente indifferente al tema, almeno essere consapevoli dell’influenza che i dati, ovvero le informazioni su noi stessi che doniamo sui social e sulla rete, hanno sulla nostra vita”. (fonte)

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