Donna si barrica in casa, polizia le blocca account Facebook
Che i social network influenzino le nostre vite, il dibattito pubblico e il corso degli eventi non certo una novità. Tuttavia Facebook sempre di più si sta trasformando in un luogo dove i fatti di cronaca avvengono in diretta. E’ successo anche a Baltimora, tre giorni fa. Korryn Gaines, un’afro americana di 23 anni, si era barricata in casa a Baltimora, in Maryland, con il figlio di 5 anni. Armata di pistola, nel bel mezzo dell’assedio si è connessa ai suoi account social Facebook e Instagram per postare video e immagini nel vano tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica fermando così la polizia. Passata qualche ora, però, i suoi account sono diventati muti. E nessuno ha potuto più vedere cosa stava succedendo. Fino a quando le telecamere non hanno mostrato il corpo della donna portato fuori dall’abitazione dai paramedici seguito dagli occhi del figlio rimasto invece ferito nello scontro a fuoco.
Korryn Gaines si era barricata in casa armata di una pistola per evitare un mandato d’arresto per lei e il suo compagno 39enne (i due erano accusati di aver fatto resistenza a un arresto durante un fermo di polizia). Durante l’assedio la madre aveva postato immagini del figlio cui chiedeva di spiegare l’accaduto. «Stanno cercando di ucciderci», dice il figlio. «Vuoi uscire di qui?», gli chiede la madre. «No, non voglio» è la risposta. In un altro filmato si intravedeva un agente alla porta, senza che però si sentisse alcuna conversazione. Quelle immagini però sono sparite e sono state visibili solo per alcuni minuti. La polizia ha spiegato di aver chiesto a Facebook la rimozione dei filmati andati in diretta streaming per «preservare l’integrità dei negoziati». Una richiesta che il colosso di Menlo Park ha evidentemente soddisfatto disattivando gli account della donna. Passa ancora qualche minuto e — secondo quanto ancora riferito la polizia — ha iniziato a minacciare la polizia con un’arma. «Se non mi lasciate stare vi uccido», avrebbe detto. Ed è a quel punto che è iniziato lo scontro a fuoco in cui la donna è rimasta uccisa e il bambino ferito. «I nostri agenti non avevano addosso telecamere o dispositivi video», ha fatto successivamente sapere la polizia di Baltimora.
Succede sempre più di frequente che persone coinvolte in sparatorie e assedi postino immagini in diretta sui social network. E’ capitato a Orlando, dove il killer ha usato i social network per controllare le reazioni dei media e i movimenti della polizia. Ed è stato così anche in Minnesota dove Diamond Reynolds ha pubblicato sempre su Facebook immagini drammatiche per testimoniare come la polizia stesse uccidendo il suo compagno Philando Castile. In quel caso Facebook prima ha rimosso il contenuto, poi lo ha reso nuovamente disponibile avvertendo della crudezza delle immagini. «Facebook sta diventando un posto dove le cose avvengono in tempo reale», ha scritto Mashable in quell’occasione. «Spero che non dobbiate mai più vedere un altro video come quello di Diamond, nel frattempo però questo ci ricorda perché unirsi per costruire un mondo più aperto e connesso sia così importante – e quanto lontano ancora dobbiamo spingerci”», ha scritto sul suo profilo Mark Zuckerberg. La vicenda di Baltimora ha creato un grande dibattito e numerose sono state le reazioni soprattutto in merito alle tensioni tra la polizia e le persone di colore. In altri contesti, invece, come capitato anche per il filmato del killer di Magnanville, il colosso del tech ha optato per la linea opposta, affermando di star seguendo le sue policy sulla diffusione di contenuti violenti. E se censurare o meno delle immagini non solo influenza e orienta il dibattito pubblico, ma ha un peso anche sui processi e sul corso della giustizia, quest’ultimo caso di Baltimora conferma come il potere di chi gestisce i social network stia diventando sempre più grande. (fonte)