Diffamato su Facebook si uccide, pagina di ”segnalatori” indagata

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Facebook può uccidere? La “pressione” incontrollata (e incontrollabile) che la rete è in grado di scatenare, potrebbe spingere un essere umano al gesto più estremo? E convincerlo, quando la disperazione diventa ossessione, a saltare il limite del baratro dal quale il ritorno è negato?

Interrogativi pesanti ai quali sta cercando di rispondere un’inchiesta avviata dal pubblico ministero padovano Daniela Randolo dopo la morte dell’imprenditore Bruno Ruzzarin.

Morte tragica. Morte per scelta. Morte per suicidio coltivato e messo a segno nel tardo pomeriggio di domenica quando, prima di cena, i familiari scoprono il corpo del congiunto che s’era legato un cappio al collo.

Pagina di segnalatori su Facebook al setaccio

Avranno presto un nome le persone che avrebbero diffamato via web Bruno Ruzzarin, il 61enne imprenditore edile toltosi la vita domenica nella sua abitazione di Altichiero (Padova) con un cappio al collo. Le due corpose denunce presentate dalla vittima nel mese di febbraio sono confluite in un fascicolo d’indagine affidato al sostituto procuratore Giorgio Falcone, al momento contro ignoti.

Due le inchieste aperte dalla Procura: una riguarda l’ipotesi di reato di diffamazione, l’altra di istigazione al suicidio.

La Procura ha ordinato alla Polizia postale di identificare gli autori della pagina Facebook “Segnalazioni truffe immobiliari” e alla questura di sentire la vedova e i figli dell’uomo. L’uomo sarebbe stato ripetutamente attaccato perché la sua impresa “Edilveneta srl” avrebbe truffato diversi clienti nella compravendita di mansarde e case vacanze a San Vito di Cadore in provincia di Belluno. (fonte)

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