Dal movimento del mouse si capisce se su web menti sulla tua identità

Presto diventerà sempre più difficile spacciarsi per qualcuno altro. Anche online. O, meglio, potremo sempre ingannare un essere umano. Ma difficilmente fregare l’intelligenza artificiale che scoprirà se stiamo mentendo o meno. Ci inchioderà il mouse, il modo in cui lo muoviamo.

Va in questa direzione una nuova ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Plos One e condotta da un team italiano. Gli studiosi hanno chiesto a quaranta volontari, reclutati nel dipartimento di psicologia dell’Università di Padova, di rispondere a ventiquattro domande. Le prime dodici erano banali e richiedevano dei semplici sì o no.

Qualche esempio: “Ti chiami Rosita?”; “sei nata il 28 febbraio?”. Le successive, invece, erano del tutto inaspettate, come il segno zodiacale. Venti delle persone coinvolte nell’analisi hanno raccontato la verità. Le altre venti hanno memorizzato i dettagli di un’identità farlocca, per poi affrontare i quesiti comportandosi come se quell’io fittizio fosse il loro. Il tutto mentre veniva analizzato il modo in cui i soggetti spostavano il mouse per cliccare sulle caselle dello schermo.

I ricercatori hanno, così, allenato un algoritmo capace di individuare il bugiardo utilizzando il numero di risposte inesatte date, con un’accuratezza che va dal 77.5 percento all’85 percento. Ma ancora più curioso è il fatto che quando hanno aggiunto i movimenti del mouse tra le informazioni da valutare, la percentuale è balzata in avanti. Con l’intelligenza artificiale che è stata in grado di scoprire chi mente tra il 90 al 95 percento dei casi. Non solo, il metodo ha funzionato – tra il 77.5 percento e l’80 percento delle volte – anche quando i truffaldini hanno risposto a delle domande in modo veritiero, come quando hanno detto di essere italiani.

“Il punto di partenza è che il nostro cervello è progettato per dire la verità, quindi quando mente deve sopprimere la risposta vera e sostituirla con quella falsa”, racconta a Repubblica Giuseppe Sartori, neuroscienziato forense dell’Università di Padova, e uno degli autori dello studio. “Dato che la menzogna ripetuta diventa meccanica, bisogna sorprendere chi dice bugie con delle domande inaspettate che ritardano la risposta”. Un tempo di reazione più lungo che, spiega il ricercatore, si riflette nei movimenti del mouse: nell’ultimo caso sono più lenti e le traiettorie più erratiche. Fino a essere fondamentali per riconoscere l’ingannatore.

Certo, non è detto che l’algoritmo funzioni con la stessa precisione al di fuori del laboratorio, nel mondo reale. Ma si tratta di un buona prova della fattibilità dello strumento. “Questo è solo il primo di una serie di lavori in cui, anziché il mouse, sfruttiamo la tastiera e lo schermo – aggiunge Sartori -. Se questo filone di ricerche va avanti e dà gli stessi, promettenti, risultati in futuro possiamo immaginare dei sistemi di verifica delle bugie online”.

Le possibile applicazioni in Rete? Sono infinite. Si va dalle recensioni false al furto d’identità, passando per il contrasto della pedopornografia, del terrorismo e della disinformazione. (fonte)

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