Come sarà Facebook? Lo spiega Zuckerberg

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Il più grande social network del mondo funziona ancora come una startup, sperimenta e cambia direzione continuamente. Ecco dove sta andando, nel racconto del suo fondatore

Da tempo Facebook non è più soltanto un sito, ma un ecosistema in continua evoluzione. Prima l’attenzione e lo spostamento sul mobile, la consultazione del social sui cellulari, poi l’acquisto di Instagram e la parziale simbiosi con l’applicazione di photo-sharing (i cui utenti possono caricare le proprie foto in un’apposita cartella del profilo Facebook), il lancio, per ora solo americano, di Paper, l’applicazione per la scoperta delle notizie e l’annunciata volontà di scorporare il servizio di chat in un’app a parte.

Tutti segnali che sull’impero di Zuckerberg non solo non scende mai il sole, ma nessuno neppure dorme mai.

Di recente, in occasione della conferenza interna per sviluppatori F8, il giovane imprenditore ha fatto due chiacchiere con Stephen Levy di Wired. Una conversazione interessante per cercare di capire dove sta andando a parare il social network e cosa bisogna attendersi per il prossimo futuro. Sempre tenendo presente che Mark gestisce da sempre l’azienda come una startup, in perenne sperimentazione, e pronta a cambiare direzione – magari tramite una o più acquisizioni milionarie – da un momento all’altro.

La maturità

C’è stato un tempo in cui layout e funzioni della piattaforma cambiavano rapidamente, quasi senza preavviso. Quel tempo è finito, almeno per quanto riguarda l’infrastruttura informatica di base. La parola d’ordine, adesso, è “stabilità”. “Abbiamo cambiato – dice Zuckerberg – il nostro motto. Da ’muoviti veloce e spacca’ a ’muoviti veloce, su un’infrastruttura stabile’”. D’ora in poi il network passerà attraverso degli aggiornamenti programmati, e avrà associato ad ogni mutamento un numero di versione. Un po’ come accade per i sistemi operativi open source, che si aggiornano periodicamente con delle release stabili.

L’anonimato

Al F8, Facebook ha annunciato il “login anonimo” per gli utenti. Non si tratta di un vero anonimato, perlomeno non nei confronti della rete sociale. Quello che cambia è l’esperienza d’uso nei confronti delle applicazioni, a cui si può decidere di nascondere la propria identità reale, nel momento in cui si accede ad esse tramite Facebook. Il motivo è semplice: come spiega Zuck, per espandere ancor di più la portata e l’utilizzo del Facebook Login, bisogna che chi lo adopera riponga la massima fiducia possibile nel sistema. Quando Facebook era una piccola società, non c’erano problemi; ora che è un colosso, invidiato e temuto, le cose cambiano.

Comprendere il mondo

Di recente Facebook ha specificato in maggiore dettaglio la propria ragion d’essere aziendale, che si articola su tre punti: connettere chiunque, comprendere il mondo e costruire l’economia della conoscenza. Il secondo di tali punti, spiega il fondatore, ha a che vedere col rendere accessibili e visibili le informazioni e le nozioni potenzialmente utili che circolano all’interno del network. “Fra il 5 il 10 per cento dei post su Facebook – dice Zuckerberg – è formato da post che corrispondono a richieste di informazioni da parte di qualcuno ai suoi amici. Domande come: “dove potrei andare in viaggio” o “chi conosce un buon batterista per la mia band?”. È questo tipo di informazioni che bisognerebbe far emergere, assieme a tutto il resto della conoscenza nascosta nelle pieghe di Facebook. In passato sono stati fatti vari tentativi di setacciare questa miniera d’oro: dalla partnership con Bing per le ricerche social, al lancio di Graph Search per interrogazioni più strutturate, sulla piattaforma, di quanto permesso dal motore di ricerca predefinito. Tutti tentativi andati finora però in gran parte fuori bersaglio.

La realtà virtuale

Da ultimo, il capitolo Oculus Rift. Zuckerberg ha da poco acquistato l’azienda produttrice dell’ormai celeberrimo dispositivo per la realtà virtuale e non fa mistero di ritenere quello della virtual reality il settore più promettente per il prossimo futuro. “Se ne parla da tempo – ha spiegato a Wired.com – ma ritengo che ormai, sia a livello economico che di performance, siamo arrivati a un punto in cui potrebbe funzionare”. A convincerlo del tutto è stata sia l’esperienza d’uso del visore, di altissima qualità, che la constatazione che tale eccellenza è ottenuta grazie a un hardware non particolarmente sofisticato e a un display assimilabile a quello dei cellulari. Sommando a questi fattori il fondersi delle capacità di Facebook e Oculus nel campo delle comunicazioni e dei videogiochi, ed ecco che, ritiene il Ceo, “potremmo costruire qualcosa di davvero speciale”. (lastampa)

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