C’è un browser che ti paga se guardi pubblicità

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Si chiama Brave, il browser che paga gli utenti per vedere i banner pubblicitari.

Brendan Eich, creatore del linguaggio di programmazione JavaScript ed ex-CEO di Mozilla, è al lavoro su un nuovo browser web il cui concetto di base sembra sin da subito molto originale. Brave blocca le pubblicità invasive e quelle che minacciano la privacy dell’utente, lasciando comunque la possibilità agli inserzionisti di guadagnare qualcosa. Quella preannunciata dall’informatico sembra essere la nuova era della pubblicità online, in cui tutti hanno da guadagnarci qualcosa, persino l’utente finale.

La startup Brave Software fondata da Eich non ha ancora nulla da rilasciare al pubblico, ma ha iniziato a divulgare la propria visione e a consentire agli utenti di registrarsi per ottenere l’accesso ad una versione preliminare del prodotto. In un post pubblicato sul sito web ufficiale Eich scrive che gli ad-blocker attuali possono di fatto migliorare l’esperienza dell’utente, ma al tempo stesso “si comportano come dei parassiti”, con il rischio di fare del male ai “buoni editori” e iniziare una guerra.

Stanno infatti iniziando a comparire quei siti che cercano di aggirare il blocco della visualizzazione dei banner da parte degli utenti, chi con le buone e chi con procedure senz’altro più invalidanti. L’approccio di Brave vuole mettere entrambe le parti in causa d’accordo: sia l’editore che pubblica i contenuti con un canale pubblicitario apposito e poco invadente all’interno della pagina, sia l’utente, dandogli la possibilità di accedere ai siti esclusivamente con banner utili e rispettosi della sua privacy.

“Brave sta producendo una soluzione progettata per evitare la guerra fra le parti e dare agli utenti il trattamento equo per aver navigato e contribuito nel web”, ha scritto il CEO della società, che sostiene che il suo browser è “molto migliore di un ad-blocker tradizionale”. Essenzialmente Brave è un browser che blocca i banner pubblicitari e tutti gli script di tracciamento, di analisi e di raccolta dati: “Eliminiamo tutte le alghe della piscina”, ha commentato il suo fondatore.

Ma ci sono alcune sfumature interessanti nell’approccio di Eich. Innanzitutto non tutti i banner verranno eliminati dalle pagine web, ma solo quelli che di fatto sono deleteri per gli utenti. Non saranno bloccate le pubblicità native e prive di script di tracciamento, quelle insomma che utilizzano esclusivamente i dati dell’inserzionista e non ne cercano di nuovi per profilare l’utente. In questo modo, Brave promette una velocità di caricamento delle pagine molto superiore rispetto ad un browser tradizionale.

Ma, in maniera ancora più interessante e forse un po’ controversa, Brave si propone di inserire i propri banner pubblicitari, realizzati appositamente per non appesantire la pagina.

Un ad-blocker che inserisce la sua pubblicità? E quale sarebbe dunque il vantaggio per gli utenti? Il tutto sta nella strategia di finanziamento che vuole adottare la start-up di Eich. Brave non vuole creare semplicemente una lista di inserzionisti affidabili come fanno altre soluzioni, o entrare nel settore pubblicitario in maniera aggressiva. L’idea è quella di suddividere il fatturato pubblicitario dando agli inserzionisti il 55% dei ricavati, o anche il 70% quando e se Brave crescerà. Persino i visitatori dei siti potrebbero trarne beneficio sul piano finanziario, con una piccola parte dei ricavi che andrà proprio agli utenti i quali possono scegliere di canalizzare i soldi ai loro editori preferiti attraverso un Bitcoin wallet. (fonte)

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