Bimbe adescate su Facebook, in trappola un pedofilo

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Non basta l’inganno e nemmeno la violazione dell’intimità. No, in questa ennesima storia di abusi sessuali perpetrati ai danni di bambine e ragazzine di età compresa fra i 10 e i 13 anni, il dettaglio che suscita ribrezzo e pure rabbia è il ricatto che un pedofilo genovese smascherato dalla polizia postale ripeteva all’infinito, una tecnica perversa: «Spogliati, oppure faccio sapere ai tuoi genitori quel che combini su Internet». Così facendo il giovane indagato, 32 anni, avrebbe collezionato oltre 400 contatti e adesso gli inquirenti lavorano per scoprire se qualcuna delle vittime sia stata avvicinata, sia venuta in contatto diretto, nella vita reale e non solo virtualmente, con l’indiziato.

Genitori tenuti all’oscuro

Le indagini portano alla Spezia dove quattro minorenni sono cadute nella rete del sospettato. Hanno 10, 12 e 13 anni, sono studentesse delle scuole medie cittadine e i familiari sono per il momento all’oscuro dell’inchiesta. Saranno contatti quanto prima dagli investigatori della Postale che sono alle prese innanzitutto con una questione “morale”. Perché avvertire mamma e papà di quanto avvenuto vorrebbe dire dare corpo alle minacce del pedofilo.

Chat innocenti

Il trentaduenne – secondo quanto riferito dai poliziotti – creando un falso profilo sul social network Facebook, ha finto di essere una ragazzina di 12 anni. Così è riuscito a conquistare l’amicizia di numerose bambine e ad avviare con loro relazioni-web. «Chattava con loro – dicono gli agenti – e con un atteggiamento seducente, ne carpiva la fiducia con complimenti sul loro aspetto fisico e facendole sentire importanti. La mossa successiva consisteva nell’inviare per primo false foto intime, riferite alla propria finta identità femminile. In questo modo era più facile per l’adescatore convincere le bambine a fotografarsi e condividere con lui foto intime». L’invio di foto osé da parte delle giovani vittime faceva scattare le minacce. Le minori erano costrette a spedire sempre nuove immagini al malvivente, altrimenti questi avrebbe informato i genitori dei primi scatti, dicendosi pronto anche a rendere pubbliche tutte le foto.

Incontro sventato

L’indagine trae origine dal rafforzamento del monitoraggio della Rete e dalla costante opera divulgativa nelle scuole ed è stata condotta attraverso una minuziosa attività di analisi dei profili Facebook con la collaborazione dello stesso social network. Gli inquirenti hanno voluto far scattare la loro trappola prima che il trentaduenne si incontrasse con una delle vittime, una ragazzina genovese che aveva trovato la forza di raccontare tutto alle sue insegnanti e ai poliziotti. La Procura del capoluogo ligure ha perciò ordinato la perquisizione dell’appartamento dell’indiziato. In casa sono stati trovati computer e materiale informatico «ora sottoposto ad analisi», dice Giorgio Bacilieri, dirigente della polizia postale in Liguria. «I riscontri della nostra attività di monitoraggio della Rete dimostrano che il fenomeno è più che mai attuale». Anche perché qualche appuntamento l’indagato potrebbe averlo comunque strappato e scovare le vittime di questi incontri potrebbe rivelarsi tanto difficile quanto decisivo ai fini dell’inchiesta. (fonte)

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