Apple contro Facebook e Google, ”attenti ai servizi gratuiti”

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Tim Cook, Ceo di Apple, invita a diffidare dei servizi gratuiti di Google e Facebook, che “si pagano vendendo informazioni personali”. Occorre difendere privacy e sicurezza online, e la riservatezza è un “diritto fondamentale”.

“Vi parlo dalla Silicon Valley, dove alcune delle compagnie più importanti e più affermate hanno costruito un modello di business convincendo i loro clienti a fornire loro informazioni personali”. Tim Cook si rivolge in videoconferenza alla platea ristretta ma competente dell’EPIC (Electronic Privacy Information Center), che lo ha appena nominato “Champion of Freedom”. È il primo capo di un’azienda a ricevere il premio e pronuncia un altro di quei discorsi appassionati che negli ultimi tempi stanno facendo di lui non solo il Ceo di Apple ma una specie di leader della politica ai tempi dell’hi tech.

Dopo i diritti civili, dopo le scelte in materia di energie rinnovabili, dopo il coming out – un fatto privato ma denso di conseguenze pubbliche – ieri Cook ha parlato di privacy. E, come sempre, lo ha fatto sottolineando che Apple è diversa dagli altri. Non li ha mai nominati, ma è chiaro che l’obbiettivo delle sue polemiche è Facebook e soprattutto Google. È infatti a Foto, l’ultima novità in arrivo da Mountain View, che si riferisce quando dice: “Posso capire che questi servizi cosiddetti gratuiti vi piacciano, ma noi pensiamo che non sia il caso di scavare nelle mail, nella cronologia delle ricerche e oggi anche nelle foto di famiglia per ottenere dati da usare per dio sa quale scopo pubblicitario”.

La maggior parte dei ricavi di Apple arriva dall’hardware (e principalmente dall’iPhone), non dai servizi o dalla pubblicità. Per questo Cook può permettersi di essere uno dei paladini più convinti della privacy e della sicurezza online: già qualche mese fa aveva pubblicato una lettera aperta, spiegando che la sua azienda non fa commercio di informazioni personali, non controlla i dati raccolti nella memoria di iPhone o in iCloud, e che non ha mai collaborato con nessun governo per fornire dati privati né ha intenzione di farlo in futuro. Per Apple i dati personali – spiegava ancora Cook – servono solo per rendere migliore l’esperienza di chi ne usa prodotti e servizi.

C’è da credergli anche perché iAd, il servizio di gestione della pubblicità sui dispositivi mobili della Mela, riveste un ruolo assolutamente marginale nel fatturato. E se servisse un’altra prova, basterebbe notare come a un importante meeting sulla sicurezza che si è tenuto lo scorso febbraio con il presidente Obama, Cook fosse il solo Ceo di un’importante azienda hi tech a partecipare e a prendere parola: erano assenti Marissa Mayer di Yahoo, Mark Zuckerberg di Facebook, Larry Page ed Eric Schmidt di Google.

Il discorso di Cook all’Electronic Privacy Information Center ha toccato anche le transazioni bancarie (nello specifico, Apple Pay) e i dati sulla salute, che verosimilmente diventeranno la prossima frontiera della privacy, con la diffusione di apparecchi da indossare come orologi e smartband. Il principio generale è semplice: “Crediamo che ognuno dovrebbe poter controllare le informazioni che lo riguardano”. Questo perché il diritto alla privacy è – nelle parole di Cook – “un diritto fondamentale. Il popolo americano lo vuole, la Costituzione lo richiede, la moralità lo impone”.

Il richiamo alla Costituzione statunitense serve a Cook per puntualizzare la posizione di Apple su un’altra questione scottante: la richiesta di inserire nei software di cifratura una sorta di backdoor, un accesso nascosto per consentire alla NSA o alle agenzie di intelligence di altri Paesi di controllare messaggi, mail e conversazioni telefoniche. “Se mettiamo le chiavi di casa sotto lo zerbino per la Polizia – ha spiegato Cook – prima o poi un ladro le troverà”. Ridurre la cifratura o prevedere delle chiavi per le forze dell’ordine, sottolinea Cook, è in netto contrasto con il Primo Emendamento, quello che garantisce la libertà di espressione di tutti e di ciascuno.

“Non dovremmo chiedere ai nostri clienti di scegliere tra sicurezza e privacy – ha concluso Cook – dobbiamo offrire loro il meglio possibile in entrambi i settori. Proteggere i dati di qualcun altro vuol dire proteggere tutti noi”. (fonte)

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