Anche iscrizioni a università dipendono dai post scorretti su Facebook

Si può perdere il lavoro a causa di una frase su Facebook, ma si può perdere anche l’iscrizione all’Università. E’ accaduto negli Stati Uniti, dove un gruppo di studenti si è visto nei giorni scorsi revocare l’ammissione alla prestigiosa Università di Harvard per aver postato su una chat su Facebook frasi sull’Olocausto, su minori e a sfondo sessuale.

La notizia è stata riportata dalla testata The Harvard Crimson.

Dopo aver scoperto l’esistenza e il contenuto dei messaggi, l’Università ha revocato l’ammissione a dieci studenti affermando che la decisione era definitiva.

“Nei tempi in cui viviamo si usa la rete come espressione della personalità, scegliendo di comunicare online anche informazioni sensibili politicamente. Ma è diritto dell’istituzione universitaria, e in America prevale quella di tipo privatistico, tutelare i propri interessi reputazionali.

Sarebbe peggio se si conoscessero questi dati e non li si utilizzassero”, spiega all’ANSA Mario Morcellini, professore universitario di lungo corso (è stato pro-rettore del Dipartimento Comunicazione alla Sapienza di Roma fino a novembre). Attualmente ricopre l’incarico di commissario Agcom.

La chat degli studenti di Harvard, partita da pochi messaggi è cresciuta fino a 100 partecipanti. The Harvard Crimson spiega che nel gruppo sono stati postate immagini e frasi su Olocausto, violenze sessuali e morte dei bambini, ma anche frasi su gruppi etnici in particolare. Da qui la decisione dell’Università di revocare l’ammissione. Secondo una ricerca del Kaplan Test Prep, negli Usa sta crescendo il controllo online delle Università sugli studenti.

Secondo un sondaggio rilasciato a febbraio, di 365 impiegati addetti alle ammissioni il 35% ha dichiarato di aver guardato i profili Instagram, Facebook, Twitter e altri social media dei ragazzi. Nel 2008 questa percentuale era del 10%. (ANSA)

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