Anche Google studia algoritmo contro i ”finti scoop”

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Conterà il numero di notizie sbagliate o inattendibili all’interno di ciascuna pagina web

È una tattica ormai consolidata. Fare incetta di clic diffondendo più o meno in malafede scoop inventati, bufale e pseudoscienza. Che però tra poco potrebbe non pagare più: Google sta infatti mettendo a punto un algoritmo che premia (o penalizza) i siti web in base all’attendibilità dei contenuti che pubblicano. La valutazione di BigG diventerà, in sostanza, più qualitativa, e il motore di ricerca si baserà sempre meno sul numero di link in entrata per stabilire la posizione di un sito all’interno dei suoi risultati.

Sullo stesso terreno si era già mosso Facebook, il social, che da poco tempo a questa parte consente agli utenti di segnalare e bufale, ha annunciato di averne ridotto la diffusione proprio grazie a questo meccanismo. Tali post, tra l’altro, saranno “marcati” per mettere in guardia a loro volta altri utenti. La mossa arriva dopo che, ad agosto, la piattaforma ha preso di mira i messaggi “acchiappa click”, quelli con titoli esca e articoli che non danno informazioni. Il meccanismo della segnalazione delle notizie “bufala” si aggiunge dunque a quello messo in piedi da Facebook da diverso tempo riguardo la segnalazione di contenuti pornografici, che incitano alla violenza e così via. Esempi di bufale sono i post del tipo “Clicca per vincere una fornitura a vita di caffè“, oppure “Uomo avvista dinosauro“.

A fine agosto Facebook aveva deciso di penalizzare in termini di visibilità i “click bait”, cioè quelle notizie con titoli accattivanti del tipo “Non crederai mai quali sono le star che hanno litigato sul Red Carpet clicca qui e scoprirai chi è la donna per cui hanno discusso…” o “Clicca qui per vedere cos’ha rischiato questa ragazza mentre stava… ”, oppure “Incredibile, non crederai mai a cos’è successo a questo signore!” ma con pochi contenuti, usate per generare traffico sui siti. La nuova funzione che riguarda le notizie bufala sta al momento generando in rete le prime discussioni sull’efficacia e i possibili effetti collaterali, come il rischio che le notizie vengano segnalate come false perché qualcuno non è d’accordo sul loro contenuto.

Due le modalità di applicazione: il controllo del tempo di permanenza delle persone sui post che puntano fuori da Facebook (se gli utenti seguono un link e trascorrono del tempo su quella pagina, probabilmente avranno trovato qualcosa di interessante. Se, al contrario, molte persone avranno cliccato il link, ma il tempo di permanenza sulla pagina sarà stato molto breve, sarà indicatore di scarsa affinità con ciò che si aspettavano di trovare) e le interazioni con il contenuto, dopo aver cliccato il link: questo significa che maggiore sarà il numero di interazioni sul post su Facebook – dopo aver cliccato il link – maggiore sarà la probabilità che il post stesso puntasse a un contenuto ritenuto di valore per gli utenti.

Facebook continua quindi con le modifiche all’algoritmo che determina quali contenuti proporre sui News Feed dei suoi utenti, cerando di bilanciare il tempo di permanenza sulla piattaforma con un’esperienza che non preveda solo “link-spazzatura” o “attira-clic”: è nell’interesse di Facebook stesso far sì che le persone passino quanto più tempo possibile sul News Feed, scorrendolo ed entrando così in contatto con contenuti prodotti dagli advertiser che investono sulla piattaforma.

Anche gli esperti di Google si sono messi a lavoro, adattando gli algoritmi attuali per “contare” il numero di notizie sbagliate o inattendibili all’interno di ciascuna pagina web.

Una fonte che ha poche notizie false verrà considerata affidabile e le notizie verranno estratte automaticamente da ogni fonte mediante metodi di selezione dell’informazione già utilizzati per costruire i database. (fonte)

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