AGCOM si pronuncia contro le bollette ogni 28 giorni per la rete fissa

Gli operatori telefonici, con la fatturazione da un mese a 28 giorni, di fatto hanno trovato il modo per operare un aumento dell’8% con una semplice mossa…

Abbiamo assistito negli ultimi tempi ad un fastidioso adeguamento della frequenza di fatturazione delle bollette di rete fissa e mobile, passate dal buon vecchio mese a quello delle 4 settimane, praticamente imposto senza diritto di replica ad ogni utente. Facendo qualche semplice calcolo matematico si capisce che su base annua tutto questo si traduce praticamente in una mensilità in più da pagare: fatta eccezione per febbraio gli altri mesi hanno 30 o 31 giorni, ovvero più di 4 settimane secche. Una manna per gli operatori, che di fatto hanno trovato il modo per operare un aumento dell’8% con una semplice mossa.

Oltremodo fastidiosa è anche l’usanza di comunicare le novità ai clienti con una lapidario messaggio, che semplicemente ci informa del passaggio della fatturazione dal mese alle 4 settimane, con la possibilità di disdire tutto qualora non fosse di nostro gradimento. Insomma, o così o nulla, lo abbiamo deciso noi e stop. Legalmente la cosa è ineccepibile per quanto fastidiosa, poiché all’atto della sottoscrizione degli abbonamenti accettiamo che le cose possano cambiare nel tempo, e ci mettiamo anche la firma. Sicuramente però applicare nuove regole di fatturazione e imporre aumenti sensibili non invoglia alla simpatia nei confronti degli operatori di telecomunicazioni, liberi di fare il buono e il cattivo tempo senza alcun pudore.  Ci son dentro quasi tutti, e per togliere il “quasi” è solo questione di tempo. Il primo operatore in Italia è stato Wind-Infostrada, causando sulle prime diversi passaggi ad altri operatori, salvo poi scoprire la sorpresa: subito dopo anche Vodafone e poi TIM hanno fatto lo stesso, e a breve (primo paggio) anche con Fastweb. Per ora è Tiscali ad offrire ancora piani mensili, ma resta da capire per quanto. Ovviamente la questione è stata tenuta sotto stretta osservazione da parte di Agcom, la cui sigla è la contrazione di Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che si è espressa proprio sull’argomento a mezzo di comunicato stampa (PDF, 2 pagine) che andremo a riassumere nelle parti salienti.

Reti fisse – telefonia e internet

“L’unità temporale per la cadenza di rinnovo e fatturazione dei contratti di rete fissa deve essere il mese, affinché l’utente possa avere la corretta percezione del prezzo offerto da ciascun operatore e la corretta informazione sul costo indicato in bolletta per l’uso dei servizi. Alla luce dell’evoluzione dei mercati della telefonia fissa e mobile, l’Autorità ha infatti ravvisato la necessità di garantire una tutela effettiva degli utenti avendo riscontrato problemi in termini di trasparenza e comparabilità delle informazioni in merito ai prezzi vigenti, nonché di controllo dei consumi e della spesa, determinati anche dal venir meno di un parametro temporale certo e consolidato per la cadenza del rinnovo delle offerte e della fatturazione. Tenuto conto delle differenze in termini di trasparenza e controllo della spesa da parte dell’utenza tra il settore della telefonia mobile (in cui la maggior parte del traffico è prepagato) e quello della telefonia fissa (contratti in abbonamento e costi post-pagati), l’Autorità ha dunque individuato nel mese il periodo temporale minimo per consentire all’utente di avere una corretta e trasparente informazione sui consumi fatturati e un tempo di invarianza nel rinnovo offerto dagli operatori.”.

Agcom rimprovera alle aziende di telecomunicazioni non solo scarsa trasparenza e una difficoltà maggiore da parte degli utenti nella comparazione delle tariffe (cosa che potrebbe decadere con il passaggio di tutti gli operatori alla fatturazione ogni 28 giorni), ma soprattutto il venir meno di un parametro temporale certo e consolidato come il mese, da sempre adottato. Più difficile insomma fare un piano spesa per la propria rete domestica se questa cade ogni 28 giorni, mentre lo stipendio continua ad arrivare a cadenza mensile.  Agcom, ma questa è una nostra interpretazione, ha intravisto più margini per “imporre” la fatturazione mensile per le reti fisse in quanto si tratta di abbonamenti con costi post-pagati, meno direttamente controllabili da parte dell’utente medio. Diversa è la questione per il mondo mobile.

Reti mobili

“Per quanto riguarda invece la telefonia mobile, Agcom ha previsto che la cadenza non possa essere inferiore ai 28 giorni, ritenendo dunque necessario individuare una frequenza minima di fatturazione al fine di garantire, anche in questo caso, trasparenza e periodo minimo di invarianza delle condizioni economiche dell’offerta. L’Autorità ha altresì stabilito, nei casi di offerte di telefonia mobile che abbiano cadenza diversa da quella mensile, l’obbligo per gli operatori di informare l’utente, tramite l’invio di un sms, dell’avvenuto rinnovo dell’offerta”.

Per Agcom qui c’è meno margine di intervento e appare più chiaro facendo qualche considerazione non immediata. Moltissimi contratti per la rete fissa sono di tipo flat, offrendo traffico illimitato per internet e spesso anche per le chiamate. Per le aziende di telecomunicazioni, insomma, poco o nulla cambia quindi c’è più margine per dire “non fate i furbi e gli avidi”. Con la telefonia mobile la stra-grande parte delle tariffe sono prepagate con un numero finito di minuti di chiamata, SMS e traffico dati. Questo significa che ad una fatturazione a 28 giorni invece che mensile si paga di più su base annua, ma si ha anche di più. Detto in altre parole: se disponiamo di 1GB al mese ad ogni rinnovo, con fatturazione ogni 28 giorni avremo 13GB all’anno, con quella mensile 12GB. Stesso discorso per chiamate ed SMS. Sono pochi i margini per “imporre” qualcosa, di fronte a queste premesse. Ad AGcom non è rimasto che congelare i 28 giorni dicendo che non devono essere meno di così, per evitare che la situazione possa ulteriormente peggiorare.

Offerte convergenti fisso+mobile

Nel caso di offerte convergenti che coinvolgano la telefonia fissa, prevale la cadenza prevista per quest’ultima, ovvero su base mensile. Agcom ha stabilito un periodo temporale di novanta giorni per consentire agli operatori di adeguarsi alle nuove regole. Con misure di carattere generale, infine, il Consiglio dell’Autorità è intervenuto in materia di conoscibilità del credito residuo. A tale proposito Agcom ha deciso che gli utenti debbano conoscere gratuitamente il proprio credito tramite una pagina ad accesso riservato consultabile nel sito web dell’operatore o tramite applicazioni dedicate, nonché attraverso un messaggio informativo inviato dal numero telefonico di assistenza clienti o via sms gratuito”.

Agcom indica come, in presenza di pacchetti offerta che comprendano un piano fisso + mobile, si debba seguire le indicazioni per quelle fisse, ovvero a scadenza mensile. Insomma, Agcom si muove e come e dove può, chiedendo l’adeguamento alle indicazioni entro 90 giorni, e ora spieghiamo il perché abbiamo usato precedentemente il verbo imporre fra virgolette. Agcom è un garante ma non ha potere assoluto e gli operatori di telefonia lo sanno, tanto che hanno già annunciato ricorso per voce di Asstel, associazione che li rappresenta. Secondo Asstel Agcom ha voce in capitolo sull’imporre trasparenza informativa, ma non ne ha per quello che concerne i rapporti contrattuali fra aziende e clienti. Si nominano anche le celebri “sedi opportune” per far valere le proprie ragioni, che mette le basi ad una battaglia legale. Aspetteremo i 90 giorni per vedere cosa succederà, ma le forze in campo sono di quelle davvero potenti motivo per cui la questione, siamo certi, non finirà qui. (fonte)

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